
Quello israelo-palestinese in sessant`anni ha visto un numero impressionante di iniziative, anzi, di offensive diplomatiche, di conferenze internazionali di pace che hanno tentato -soprattutto con la fine della `Guerra Fredda``- di definire nuovi equilibri sullo scacchiere mediorientale, di risoluzioni delle Nazioni Unite inascoltate, decine di impegni sottoscritti e in gran parte inevasi. Si possono raccontare le morti dell`occupazione, le sofferenze del corpo e dell`anima di due popoli e dei loro figli che non hanno mai conosciuto la pace. Si puo` raccontare la lotta del popolo palestinese per il diritto a uno Stato; cosi` come il diritto alla sicurezza di Israele minacciata dai regimi integralisti della regione e che a difesa dagli attacchi dei militanti palestinesi si costruisce un muro alto otto metri, come l`ha conosciuto l`Europa dei blocchi contrapposti, che in Cisgiordania ha tagliato villaggi, giardini, separato famiglie, messo in ginocchio l`economia locale. Fino a raccontare della strategia del `tempo rubato` ogni giorno a quanti -bambini che vanno a scuola o adulti che vanno al lavoro- devono sottoporsi a lunghi e avvilenti controlli ai cosiddetti `check point` israeliani. Ma ora e` arrivato il `Tempo delle Responsabilita`. E per tutti.
Lo ha detto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e questa esortazione e` stata fatta propria da un visionario e instancabile personaggio, Flavio Lotti, coordinatore nazionale della `Tavola della Pace`, che ha dato questo nome (Time for Responsabilities) alla Perugia-Assisi, la storica marcia della pace, e l`ha trasferita a Gerusalemme, la citta` piu` contesa del mondo. Ha gia` portato la missione dei `Quattrocento` nei campi profughi palestinesi, negli insediamenti israeliani, a Betlemme, Bielin, Birseit, Swahreh, Al Twani, Artas, Jenin, Nablus, Gerusalemme, Nazareth, Haifa, Neve Shalom, Jaffa, Sderot, Tel Aviv, Misgav, Sachnin, nell`Alta Galilea. Ha fatto incontrare i `Quattrocento` -guai a chiamarli pacifisti- con israeliani e palestinesi di organizzazioni non governative locali, con associazioni informali di volontariato, con religiosi che si occupano di lenire le sofferenze soprattutto di bambini.Durante una visita a Sderot, la cittadina israeliana al confine con la Striscia di Gaza sotto tiro dei razzi `qassam` palestinesi, si resta esterrefatti nell`ascoltare l`Altra Voce, un`associazione israeliana che non vuole il `muro`, ma il dialogo con i palestinesi. E come loro tanti altri: `Breaking the Silence`, `Combat for peace`, `Matson` Watch`, `Bat Shalon`, `Refusnik`, `Peace Now`.
I `Quattrocento ` italiani hanno parlato con associasione di donne palestinesi e israeliane e hanno scoperto che si incontrano quasi in segreto per conoscersi, capire che cosa, loro che condividono le stesse paure per il futuro dei loro figli, possono fare per smuovere la politica. La delegazione e` stata ricevuta a Ramallah dal primo ministro palestinese, Salam Fayyad, che in un lungo intervento ha invocato per l`ennesima volta un ruolo piu` incisivo dell`Unione europea, esortandola a interrogarsi su che cosa non ha funzionato in questi sedici anni trascorsi dalla firma degli Accordi di Oslo sull`autonomia ai palestinesi, Una domanda che domani sara` rilanciata in una conferenza a Gerusalemme sulla ‘responsabilita’’ dell’Europa nei confronti del processo di pace. Vi partecipano I rappresentanti dei 400 ma anche protagonsiti palestinesi, israeliani ed europei.
Lucio Racano (Agenzia Italia)
Accanto allo xilofono gigante che campeggia sulla collina di Sderot prospiciente Gaza in ricordo di alcuni caduti israeliani (foto di Floriana Lenti)
Questo articolo è stato pubblicato anche su www.agi.it
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